Il racconto di Chogolisa

Il primo racconto inserito nello spazio "Alta Quota"Si respira un’aria strana questa mattina…
Tra i trekkers c’e’ attivismo quasi febbrile, voglia di fare, disfare, muoversi, fretta…
Mentre smonto quella che e’ stata la mia casa per quasi due mesi, pochi quadrati di nylon dorato, qualche cerniera, una zanzariera, incrocio a tratti gli sguardi dei miei veri compagni…Ishaac il mio cuoco pakistano e Husein, il suo aiuto…sguardi malinconici e silenziosi quanto solo uno sguardo puo’ esserlo…

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Ho il cuore pesante, la malinconia mi assale e i gesti si fanno ancora piu’ lenti, come a prolungare il tempo…ci si guarda senza una parola, sguardi che penetrano l’anima, sorrisi tirati…
Guardo il tendone che si accascia sul terrapieno…un animale arancione abbattuto al suolo…gli occhi si riempiono di lacrime, ma non mi importa…questi uomini ormai mi conoscono, leggono il mio cuore tanto quanto io leggo il loro…non ho vergogna perche’ proviamo la stessa malinconia profonda…il cicalio dei trekkers e’ come un brusio lontano che disturba solo quest’attimo di immobilita’…loro non capirebbero mai…
Ishaac si avvicina con le lacrime, uno sguardo senza una parola…immagini, immagini come spezzoni di un film che ho vissuto veramente…attimi bellissimi di comunione con la Natura e con un popolo semplice e fantastico…guardo la strada che ho fatto…guardo la strada che devo fare…a casa mi aspetta una Storia appena iniziata con un uomo semplice e discreto, col cuore contento e lo spirito bambino, un po’ come me…quanto avro’ da raccontare…
Abbraccio Husein forte con le lacrime che ormai, incontrollate, mi rigano le guance…”Tornero’…non ti preoccupare!”…Si va…la smania dei trekkers e’ irritante…loro vogliono solo il loro pasto, quello per cui han pagato, son pronti a tutto, anche a far causa pur di avere quello per cui son venuti fin qui… Si va…
Il su e giu’ della morena mi culla mentre lentamente saliamo diretti ad Ali’ Camp, allontanandoci dal Concordia…Il cielo e’ blu un po’ slavato con qualche nuvoletta qua e la’ residuo del brutto tempo di questi giorni…immagini, immagini continue…sorrisi, sguardi, volti… Quanto ho lavorato con loro e per loro…seduta sulla mia sediolina mentre il sole mi accarezzava il viso, gli occhi socchiusi per il riverbero, mentre fingevo di concentrarmi su Milan Kundera e la sua Leggerezza, quanto li ho osservati…”Eccoli, adesso verranno qui a rompere…” …ecco il gruppetto che bofonchia e mi guarda “Hallo doctor, how are you?”…le stesse parole ogni volta che mi incontra, lui coi suoi dentoni gialli e marroni, un sorriso un po’ sdentato, ma largo e poi al sua immancabile tutona da 8000 blu e gialla, con la patta sul sedere per poter andare in bagno - pare un po’ la tutina dei bimbi - i piedi nudi infilati nelle ciabatte e un colbaco in testa…io son qui in pantaloni e mogliettina e sto morendo di caldo…”Messner? My friend! (si’…forse la tuta gliel’ha proprio regalata lui…)…another friend has headache…help him!”
La maggioranza delle volte vengono per curiosare, si’ perche’ insomma una donna-doctor, sola su a quasi 5000m fa sempre un po’ notizia…a volte non han davvero mal di testa, a volte poi rinunciano alla Tachipirina che gli do e la rivendono a qualcun altro…
Se ne avvicina uno mai visto (a chi pensa che i pakistani, cosi’ come gli indiani o gli africani siano tutti uguali, rispondo che non e’ assolutamente vero!!!)che con gesto allusivo si tocca l’inguine e mi dice “Hallo doctor I’ve a pain!…” e ridacchia…mi infurio dentro “Con chi crede di avere a che fare?…” e ribatto seria “No problem! I cut your leg…no leg, no pain!!!”…sbianca e se ne va…”Ohhh…no doctor!”……”Ana…Husein…”…mi scuoto dai miei pensieri…non mi son accorta di esser arrivata dove la morena svolta, forse l’ultimo punto dove poter salutare il campo che e’ stata la mia casa… Ishaac mi indica un puntolino che si agita facendo roteare sulla testa una bandana “Hallo, hallo Ana, see you soon…return pleaseeeee!!Hallooooo!”…scoppio a piangere mentre salto sul masso agitando le braccia…
La colonna prosegue insensibile a tutto…il pasto, il pasto…
Indosso la corazza per il resto del tempo…i colpi dei trekkers mi rimbalzano e io faccio il mio lavoro…assolutamente despota…decido io!
Della salita al Gondoghoro La ricordo poco, la mente continua il suo viaggio, mentre gli occhi sfirorano le pareti innevate, il cielo che lentamente si tinge dei colori dell’alba, il rumore dei seracchi che precipitano, qualche valanga lontana… un passo, poi l’altro…lascio che il fruscio dei ramponi nella neve mi culli, mani in tasca, foulard in testa, silenzio…il Silenzio che tanto amo…mi fermo a guardarmi attorno, quasi una vertigine, prima di compiere l’ultimo tratto fino alla cima dove sento gia’ schiamazzare i primi quattro saliti…silenzio e candore…il rumore del silenzio, lui che mi penetra dentro ogni volta che so ascoltarlo…
Il resto della discesa e’ quasi monotono, con discorsi insulsi, grida di giubilo…continuo il mio silenzio interiore…incontriamo i primi fili d’erba…e qui qualcosa in me si scioglie…scoppio a piangere davanti ad un ciuffo d’erba…non ne vedevo da due mesi!
Poi la sera…il saluto…si festeggia la cima fatta senza tragedie o incidenti…i porters scaldono il tamburo sul fuoco… Guardo il rossore dorato del fuoco danzare sui visi avvizziti dalla fatica, sugli sguardi stanchi, disegnare arabeschi sui vestiti logori, e i capelli stopposi…
Cominciano a cantare le loro nenie ripetitive e musicali, danzano mentre il cerchio si allarga per far posto a tutti… “Doctor…” “Oh cavolo…ballare no…un legno in confronto sarebbe piu’ sinuoso…”…ma non posso deluderli…e mi lancio nella loro danza impossibile mentre urlano e ridono attorno a me…domani ci saluteremo…loro torneranno alle loro famiglie, noi alle nostre…
Le nostre vite si son incrociate per poco, abbiam condiviso molto…culture diverse, stesso cuore e una sola passione…la Natura, la montagna…ci si e’ sfiorati, mischiando quotidianita’ e vita, ora torniamo a casa ognuno arricchito da quello che siamo riusciti a comprendere e di quello che abbiamo Vissuto…cosa ci riservera’ il domani non ci e’ dato di sapere…mi han appioppato il nome di Chogolisa, come la bellissima montagna…onore immeritato…mi rimbomba ancora nel cuore un saluto “Ciao Chogolisa…love, love the Nature…different name, but the same artist!”…un amico pakistano carissimo Hatam…ora il cuore e’ pieno di silenzio, foriero di malinconia, ma soprattutto di gioia…gioia di cio’ che portero’ con me e che nessuno mi potra’ portar via!…
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